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Da donna a madre: la gravidanza e il parto
Marco Maio – Alessandra Penzo∗


Il mistero della gravidanza

La gravidanza solleva entrambi i caratteri fondamentali del femminile: il “carattere femminile elementare” e il “carattere femminile trasformatore” .
Il carattere elementare è l’aspetto del femminile che contiene, che circonda, che offre protezione, nutre, riscalda. L’immagine chiave è quella del Vaso. Il vaso è uno degli utensili primari di lavoro della donna, che raccoglie l’acqua, coglie la frutta e prepara il cibo. Perciò il vaso è un simbolo della divinità femminile.
Il carattere elementare è anche l’aspetto oblativo del femminile, quello che dà verso l’esterno. Un suo corrispondente corporeo è il seno che nutre.
Il carattere trasformatore del femminile invece, è in un certo senso l’opposto del carattere elementare. Se infatti il carattere elementare è l’aspetto che contiene, che lascia riposare dentro di sé, il carattere trasformatore è l’aspetto che “agisce” una trasformazione sul contenuto. L’immagine chiave è il fuoco. Alla donna spetta la custodia e la conservazione del fuoco. Il settore del dominio femminile è simboleggiato nell’ambito della casa dal focolare che riscalda e dal fuoco che viene utilizzato per la preparazione dei cibi. Il fuoco trasforma i cibi, da crudi a cotti, liberandone i sapori, così come riscaldando un ambiente, la donna ne libera le emozioni. Il segreto del fuoco è in mano alla donna. Sul piano corporeo, invece, lo ritroviamo nel mistero delle mestruazioni, quale ciclo interno di trasformazione della donna.

Diventare madre

Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il posto.
La maternità sancisce la fine del ruolo esclusivo di figlia che diviene contemporaneamente genitore e figlia. Ciò può suscitare angosce di perdita, o sentimenti di colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre. Non dimentichiamo che l'attitudine materna, che è rappresentata dalla capacità di dare e di rendersi disponibile verso l'altro, dipende anche dal rapporto che si è avuto nell'infanzia con la propria madre e dalla sua disponibilità nei propri confronti, dalle competizioni, dalle rivalità, ecc..
Durante i mesi di gestazione, nonostante la donna continui ad assolvere i compiti abituali, manca in lei una partecipazione intima per ciò che fa. In un certo senso le energie psichiche vengono ritirate dal mondo esterno in favore della salvaguardia di ciò che avviene dentro di sé. Ciò che avviene dal punto di vista psicologico è l'identificazione con il feto. Per fare ciò è necessaria una regressione psicologica della madre, la quale può percepire più dolcezza e meno aggressività, scoprire che tutto sommato il lavoro che prima riteneva importante, ora di fatto è passato in secondo piano. La donna può arrivare a sentirsi “su un altro pianeta”: il mondo dell’embrione e poi del feto è, in effetti, quell’altro pianeta a cui la madre si sta rivolgendo per iniziare a predisporre quella comunicazione vitale per la crescita del futuro neonato…

Otre ad una regressione psicologica la gravidanza solleva nella donna anche l’esatto opposto: una progressione. Il passaggio a madre richiede un confronto profondo con tutta la dinastia della Madri che l’hanno preceduta nel rispondere alla domanda del fare un figlio.
Fino non molto tempo fa, si facevano i figli senza chiedersi se c’era il desiderio “personale” di un figlio: era normale avere dei figli, e non averne era anormale. Fare figli era qualcosa che avveniva automaticamente: così come arriva il mestruo nella pubertà, un fidanzato nella prima giovinezza, così arrivavano un marito e dei figli, subito dopo.
Automaticamente, cioè biologicamente, la donna diventava madre. Ma si è mai posta la domanda” Che madre sarò?”
La domanda “che madre sarò” porta con sé il confronto con le passate versioni di madre e l’espressione di una quota individuale, originale, libera.

Il parto

Con l'inizio dell'ultimo trimestre, e in particolare dell'ultimo mese di gravidanza la donna si trova di fronte a nuove modificazioni fisiologiche: il feto aumenta di peso e di volume, le contrazioni fisiologiche si possono accentuare, il corpo si trova a doversi adattare a nuovi cambiamenti. Gli interrogativi riguardano: "come sarà il parto", "come sarà il bambino, che peso avrà". Il timore per il dolore e la capacità o meno di sopportarlo e superarlo accompagnano quest'ultimo periodo. Nella realtà il timore del dolore fisico e della propria capacità di poterlo affrontare, porta in sé anche il dolore emotivo per la separazione e il concludersi della relazione privilegiata che madre e feto hanno vissuto durante tutti i mesi della gravidanza. L'interrogativo che spesso si sente pronunciare dalle donne è "sarò capace di partorire?" che nasconde in sé un'altra domanda: "sarò capace di separarmi da questo bambino?" .
Il parto solleva anche le aggressività profonde della donna. Per partorire occorre attingere alla forza del femminile, alla natura profonda, selvaggia, misteriosa dell’essere donna: questo può spaventare. Le spinte durante le contrazioni non debbono essere frenate, la respirazione deve essere sostenuta, profonda, tutto il corpo è in azione, la mente deve solamente accompagnare il ritmo della vita nascente. Il confronto con il parto è il confronto con le radici della vita, e richiede di mettere tra parentesi tutte le sovrastrutture psicologiche e culturali.
Il parto infine avvicina la donna alla maternità, al momento in cui incontrerà il figlio reale al di là di quello immaginato per nove mesi e anche di più. Se la gravidanza può essere vissuta narcisisticamente come il bisogno di sentirsi sana e funzionante, fertile, con la maternità prevale invece il bisogno di occuparsi di un’altra persona, il proprio figlio. Il parto è il passaggio dalla gravidanza alla maternità reale.

Il parto cesareo

Secondo una recente ricerca che ha indagato le modalità di parto correlate ai tipi di genitorialità, le donne che partoriscono con parto naturale hanno indici maggiori di depressione nel corso della gravidanza rispetto alle donne che partoriscono con parto cesareo programmato, ma dopo tre mesi le prime (parto spontaneo) riscontrano una netta diminuzione degli aspetti depressivi mentre le seconde (parto cesareo) hanno un aumento sensibile delle problematiche depressive.
Inoltre, le donne che partoriscono con il cesareo, rispetto alle donne con parto naturale, si rappresentano  il bambino come più intraprendente e vivace ma meno pulito e, dopo il parto vedono se stesse come più disordinate e il bimbo come più pasticcione. Il parto con il cesareo programmato, che sembra essere visto come più asettico e pulito, fa nascere un bambino e una madre più pasticciati!
Si può ipotizzare che il parto naturale permetta alla psiche della madre di esprimere maggiormente i propri stati d’animo depressivi ma anche di poterli successivamente elaborare più positivamente. Al contrario il parto cesareo sembra aiutare a non provocare ansie e depressioni nelle gestanti, ma impedisce quella gravidanza e quel parto “psichici” che garantiscono di elaborare le ansie e le paure fisiologiche della maternità.

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