Crescere in armonia significa per noi crescere nella libertà e nella responsabilità:

la libertà ci apre al mondo, la responsabilità apre il mondo.

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Madre e padre: rapporto di collaborazione o di conflitto?
La gravidanza e il parto
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Argomenti sulla coppia, la famiglia e la crescita personale


 


 

LA COSTRUZIONE DEL RAPPORTO D’AMORE
10 PENSIERI SUL VIVERE IN COPPIA


Marco Maio – Alessandra Penzo




1.    Amare sempre

Le nozze non sono l’approdo dell’amore ma il porto da cui parte l’amore, perché l’amore vero cresce poco a poco, a colpi di crisi e di impegno, oltre che di gioie inattese e di sentimenti inspiegabili. L’amore “per sempre” è amare sempre, nel dispiegarsi degli amanti che cambiano nel tempo.
L’amore come pura emozione fine a se stessa non è destinato a durare perché diventa dipendenza: alla prima frustrazione che l’altro ci provoca, noi rimaniamo delusi profondamente e ci allontaniamo. L’innamoramento deve maturare nell’amore e nell’amare sempre. L’innamoramento è il battito del cuore, l’esaltazione. L’amore è impegno, oltre che passione e intimità. Nell’innamoramento c’è il donarsi totalmente, ma per il bisogno emotivo di essere amati. Nell’amore vero c’è invece l’accogliere l’altro totalmente, volere il suo bene e costruire qualcosa di nuovo insieme, dentro di sé e con l’altro.
In un certo senso possiamo dire che gli innamoramenti sono tutti più o meno uguali, ma le storie d’amore sono tutte diverse.
I media ci propongono una visione dell’amore consumistica, come qualcosa che si possiede piuttosto che qualcosa che si costruisce, ci propone l’avere un partner piuttosto che essere, sentirsi e crescere in una relazione.
Provate a chiedervi ogni mattina il motivo del vostro stare insieme… che può cambiare, approfondirsi, nel corso della vostra storia…
“Innamorarsi è guardarsi negli occhi. Amare è guardare insieme nella stessa direzione” (Antoine de Saint-Exupéry)

2. Essere fedeli alla coppia

La coppia quando cresce nell’amore cresce in una progettualità, in una intesa reciproca, costruisce dei propri valori di riferimento, dei propri desideri, ambizioni, fantasie, sogni. È importante saper sognare!
Giurarsi fedeltà è giurare fedeltà alla relazione viva che si sta costruendo, all’impegno che i due coniugi decidono di giocarsi. La parola “coniuge” significa proprio “con/sotto lo stesso giogo”, portare avanti un lavoro comune, una volontà rafforzata dall’essere uniti.
“So che hai avuto degli amanti - bisogna pur passare il tempo- bisogna pur che il corpo esulti - ma c'é voluto del talento- per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti” (La chanson des vieux amants).
Non importa se i due coniugi avranno velocità diverse nella loro crescita, difficoltà a comprendersi o momenti di forte conflittualità: l’importante sarà mantenere salda questa fiducia nel lavoro comune, al di là di chi da di più e chi meno.
Non vergognatevi di mostrare il vostro lato più infantile e spontaneo: questo dà la misura di quanto potete affidarvi l’una all’altro.


3. Saper dire di no rimanendo insieme

C’è una profonda differenza tra un rifiuto che intende solamente stabilire dei confini, necessari in ogni rapporto, da un altro tipo di rifiuto, quello che, attraverso la delimitazione dei confini, vuole escludere gli altri dalla propria vita. Il primo è un dire no nell’amore, il secondo è un dire no all’amore.
“Due esseri diventano uno e tuttavia restano due” (E. Fromm).
Dobbiamo imparare a dire no nell’amore, altrimenti si riduce il proprio rapporto a un “matrimonio assistenziale”: non si litiga mai, non si frequentano più le vecchie amicizie per non sconfermare la coppia, ci si rifugia nell’altro, ecc.. Dire di no nell’amore è dire: “Io non sono Tu”, è crescere e aumentare la propria capacità di amare l’altro come persona completa.
Se non si impara a dire di no nell’amore alla lunga cresce il rancore, il senso di solitudine e l’aggressività perché si ha la sensazione di non sapere più scegliere cosa si vuole.
In coppia si trova il proprio elemento dialettico, l’antitesi, colui che ci contrasta e che ci porta a vedere cose diverse, che ci irrita ma ci fa crescere, scoprire lati diversi, divertire, appassionare…
È importante non avere paura di litigare: i rapporti finiscono più perché ci si annoia che per i conflitti. Esprimete i vostri bisogni personali, non pretendete di avere ragione, ma spiegate il vostro punto di vista e cercate di capire la posizione dell’altro. Accogliete anche i vostri impulsi distruttivi, fanno parte di voi e devono avere spazio anch’essi, nell’amore.
“La costruzione di un amore - spezza le vene delle mani – mescola il sangue col sudore - se te ne rimane” (I. Fossati)

4. Crescere come persone

L’amore fa sempre paura perché amare è perdersi, per ritrovarsi cambiati, è dare senza la sicurezza di ricevere in cambio.
La condizione essenziale per  vivere la relazione d’amore superando queste paure è percepirsi provvisti di un'identità personale solida e ben definita, una sicurezza affettiva che consente di entrare in relazione con l'altro senza smarrirsi. In questo senso, autonomia individuale e capacità di amare sono associate e quindi, tanto più una persona ha raggiunto la propria autonomia ed è consapevole di se stessa, tanto più è capace di entrare in intimità con l'altro rispettandone l'unicità.
Siamo persone prima di essere marito o moglie, persone con limiti personali. Quelli che possono sembrare “problemi di coppia” sono spesso problemi delle singole persone, che devono essere affrontati individualmente, magari anche con l’aiuto del partner, senza che però diventi il nostro psicoterapeuta.
È importante confrontarsi con persone più esperte, leggere libri sull’argomento, affrontare i problemi, anche con autoironia. L’ironia permette di vedere le cose sotto una nuova luce, con un certo distacco e con più leggerezza.

5. Aprire la coppia

La coppia non può e non deve bastare a se stessa. Nella coppia che si chiude ai rapporti con gli altri, il partner diventa totalizzante e alla lunga frustrante perché non può soddisfare ogni bisogno, e finisce per diventare il capro espiatorio di ogni male. Il matrimonio non è la comunione di due “io” ma di due “tu”. È da questi due tu che ci si allarga al noi, al noi della coppia, della famiglia, della società, del mondo.
La cerchia di amici è importante anche perché permette di comunicare qualcosa di sé al coniuge, cosa che non sarebbe possibile comunicare nell’esclusività di un rapporto a due. Alla cerchia di amici dovrebbero appartenere anche persone problematiche e stravaganti, dopotutto anche la nostra personalità ha lati problematici e stravaganti, attraverso i quali vogliamo metterci in rapporto l’uno con l’altro.
Allo stesso modo, gli interrogativi sulle questioni sociali e politiche non dovrebbero essere tenute fuori dal rapporto di coppia. La coppia deve essere un terreno di confronti, di sperimentazioni di sé, di apertura alle domande individuali e sociali, non un “egoismo a due”.
È fondamentale impegnarsi in un progetto di coppia insieme agli amici, ai colleghi, ai soci della vostra associazione. Ricordatevi che oltre alla coppia c’è il resto del mondo!

6. Ricoprire tanti ruoli

Nel corso della vita di coppia un coniuge ricopre per l’altro molti ruoli diversi: quello di genitore, di amico, di nemico, di fratello, di insegnante, di figlio, ecc.. Ricoprire tanti ruoli diversi è segno di una ricca vita di relazione, non vanno giudicati. I rapporti che durano sono quelli in cui i due coniugi non subiscono sempre gli stessi ruoli, ma giocano parti differenti in momenti differenti.


7. Crescere nell’erotismo

Come si cresce nel dialogo, nella responsabilità, nell’amicizia, ecc., è fondamentale in coppia crescere anche nell’erotismo.
L’erotismo non è un automatismo connesso alla funzione biologica del corpo, ma è la forza del desiderio che collega un essere all’altro e il risultato è la trasformazione della propria percezione del mondo, che diventa soggettiva, affettiva, non più oggettiva e neutra. Con l’erotismo il toccare diventa un accarezzare, un sentire profondamente; il vedere diventa un guardare con la forza dello sguardo; l’udire diventa un ascoltare profondo.
L’erotismo, la sessualità non è carne ma desiderio, sottolinea J.P. Sartre, perché solo desiderando l’altro e sentendomi attraversato dal desiderio altrui mi scopro come essere sessuato.
La sessualità è sempre turbamento: il turbamento della passione non è il risultato del disordine delle passioni stesse, ma è la sensazione che l’altro può disporre di me, che non ho il pieno controllo di me perché il mio desiderio mi trascende. Ma è proprio in questo trascendere che posso ritrovare la mia vera identità, con l’altro.
L’erotismo e la sessualità crescono nella vita di coppia, ma possono avere anche ritmo e velocità diverse nei due partner.
La sessualità ha una propria crescita, non ci sono età, dipende dalla propria storia personale, dai condizionamenti ricevuti: c’è chi è più disinibito da giovane chi da più maturo; anche le esigenze possono cambiare: possono aumentare, diminuire. Ci possono essere ragioni di conflitto su questi bisogni: l’importante è non giudicare e non giudicarsi, ma affrontare con il dialogo, accettare anche dei periodi difficili, insieme.
Ci si può infatuare di altri o esserne affascinati: può essere normale; occorre capire cosa ci sta mancando di noi e dell’altro, quali parti di noi vogliono esprimersi ma non riescono a farlo. Affrontate le cose con fiducia, senza rinunciare all’eros come forza vitale che, ricordiamoci, si esprime in tanti modi non solo nella sessualità, ma nel desiderio, nella passione, nella sensualità.

8. Essere complici

Essere complici vuol dire creare delle proprie consuetudini quotidiane e vederle con intima ironia, condividere segreti di coppia, lottare per stare insieme nonostante le critiche che possono arrivare dagli altri, far capire agli altri il valore del proprio stare insieme. Fare cose insieme, leggere insieme, condividere film, progetti, desideri, sensibilità, senza aspettarsi però che l’altro capisca, confermi, accetti tutto senza critiche. Darsi del tempo ma creare questo sottofondo di complicità che non significa un pensiero comune da condividere, ma innanzitutto la condivisione di una intimità, un rapporto io-tu molto profondo dove il tu è qualcosa di infinitamente distante ma allo stesso tempo di molto vicino, l’origine segreta della mia stessa identità.
“E ti vengo a cercare - con la scusa di doverti parlare - perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici” (Franco Battiato).

9. Desiderare che l’altro diventi se stesso

Desiderare che l’altro diventi se stesso significa non piegare l’altro ai propri desideri anche se questo può andare contro ai propri interessi egoistici.
Vuol dire anche impegnarsi verso l’altro, rispettarlo e aiutarlo a valorizzarsi.
Ad es. in ambito professionale l’impegno per il proprio partner si estrinseca con la disponibilità a cercare insieme occasioni e opportunità che favoriscano il suo successo in ambito lavorativo, magari attraverso una più efficace strategia di valorizzazione delle sue risorse personali, che abbia anche lo scopo di migliorare la sua autostima.

10. Rinunciare ai modelli di coppia preconfezionati

Ogni coppia deve essere originale, unica, al di là dei giudizi e dell’immagine culturale della coppia modello. Ogni coppia deve trovare la propria strada. La coppia da Mulino Bianco o da Barilla, o da telefilm, possono ispirarci, farci sognare, ma non possono essere un riferimento assoluto, il sogno deve essere il nostro sogno, vissuto a modo nostro, con nostre immagini di bellezza e di armonia.
Bisogna darsi delle priorità, non può essere tutto prioritario, è impossibile: in alcuni periodi ci si dedicherà di più ad una cosa, in altri periodi di più ad altre. E si trascureranno alcune cose, è normale; la coppia da TV, invece, non trascura nulla. L’importante è essere disposti a rinunciare a qualcosa, con fiducia, nel progetto di relazione che si sta vivendo.
È fondamentale costruire la propria storia, trovare il proprio modo di essere coppia e di amare, costruire le proprie regole e mettere in discussione le regole dettate dall’esterno…tutte, anche quelle espresse in questi 10 pensieri.




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LA COMUNICAZIONE CON IL NEONATO: SPUNTI PER INIZIARE…
Marco Maio – Alessandra Penzo


La comunicazione con il figlio dentro la pancia

La scienza ha ormai riconosciuto al bimbo prenatale competenze che finalmente lo dotano di un'esistenza non solo fisica, corporea ma anche di una psiche, definendolo un essere capace di vedere, sentire, comunicare; in pratica riconoscendogli la capacità di relazionarsi con il mondo esterno.

Il primo passo nella comunicazione con il nascituro è imparare ad ascoltarlo, da subito, quando è ancora in pancia.

Il bimbo si ascolta "emotivamente", ci si mette nei suoi panni; la comunicazione col bimbo prenatale è innanzitutto rispetto dei tempi e delle modalità di risposta di una personalità in formazione, che ha già le sue caratteristiche: preferisce alcune cose, è insofferente con altre. Bisognerà che il piccolo si senta accettato, senza riserve, "così com'è"; sarà necessario chiedere il permesso ("Ti va?") prima di entrare in relazione con lui e attendere che questo permesso ci venga accordato ("uno spazio silenzioso, accogliente in cui egli ci ascolta").

La "comunicazione prenatale è basata sulla voce, sui suoni, sul movimento e sulla tattilità ma soprattutto sull'apprendimento di una gestione consapevole delle nostre trasmissioni psichiche nei confronti del bambino" (G. A. Ferrari).
Per trasmissione psichica si intende qualcosa di molto semplice in realtà: è il modo di concepirlo dentro la nostra mente, prima ancora che nel corpo. Quali sono i nomignoli che gli diamo? Come ce lo immaginiamo? Cosa desideriamo per lui/lei? Quanto lo stiamo ascoltando? Che tipo di comunicazione profonda c’è con lui/lei?
Questa comunicazione è spesso inconscia, cioè non sotto la nostra attenzione cosciente. Un giorno ci sentiamo bene, un giorno male…ma quante volte sappiamo esattamente perché ci sentiamo in quel modo?
Nei sogni, spesso, compaiono le immagini di questa comunicazione profonda con il bambino. Lo si vede già grande, ci parla, lo coccoliamo…

Fino al quarto mese compiuto della gestazione il rapporto con il nascituro è prevalentemente interiore ed avviene attraverso canali psichici di mamma e bambino poi le risposte diverranno avvertibili anche fisicamente dalla madre la quale pian piano imparerà a decifrarle. A sua volta si potranno rimandare al bimbo segnali tattili e sonori che arricchiranno il legame bimbo-genitori.

Il bimbo prenatale è continuamente stimolato da suoni, rumori, voci, odori provenienti dalla cavità endouterina o dall'ambiente esterno. Il liquido amniotico e la placenta sono i primi trasmettitori e conduttori delle stimolazioni percepite dal feto (Nathanielsz). Il bimbo nella pancia è quindi dotato della capacità di ricevere stimoli e di entrare in contatto con il mondo; questi stimoli determinano la crescita neurofunzionale, cerebrale e motoria del feto. La respirazione veloce, che si ha quando la madre fuma, è considerata come uno sforzo da parte del feto per procurarsi sufficiente ossigeno. Questi fatti mostrano che la respirazione è uno dei primi comportamenti ad essere influenzati dallo stile di vita e dal grado di cultura della madre.

Il rumore principale percepito in ambiente uterino, quello del battito cardiaco della madre, nei mesi in cui è podalico le orecchie sono a diretto contatto col muscolo cardiaco materno, nei mesi in cui è in posizione cefalica avverte la pulsazione dell'arteria cardiaca uterina; sempre comunque il bimbo è avvolto dalla vibrazione del liquido amniotico prodotta dal pulsare cardiaco materno. È probabile che il feto prediliga alcune musiche piuttosto che altre e che si muova in modo diverso a seconda delle sue preferenze.
Diversi studi hanno dimostrato che il feto 'memorizza' il ritmo cardiaco materno: se registrato e riproposto dopo la nascita, ha una funzione rilassante.

Molti studi hanno dimostrato come l'ascolto prenatale di Mozart e di altri compositori barocchi potesse essere associato ad un incremento delle competenze spazio-temporali nel corso della vita. Un'altra ricerca ha dimostrato che la musica classica, in particolare i movimenti lenti delle composizioni barocche o in stile barocco con la ricchezza melodica che le contraddistingue e il loro ritmo di 55-70 battiti al minuto, sposta il cervello da uno stato b di iperattività ad uno stato a di vigilanza e rilassamento. La musica classica stimola il rilascio di endorfine e riduce il livello degli ormoni dello stress nel sangue, dando beneficio sia alla madre che al bambino.

I bambini esposti alla musica in utero manifestano inoltre capacità linguistiche superiori. Questi bambini mostrano comportamenti molto attenti, imitano con accuratezza i suoni degli adulti e strutturano la vocalizzazione prima rispetto al gruppo di controllo.

Suoni, ritmi ed altre forme di stimolazione agiscono nella formazione del feto anche nel senso fisico della parola. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che topi femmine gravide alloggiate in un ambiente più vario e ricco producevano una prole dotata di cervelli di maggiori dimensioni.

Insomma, l’ambiente del feto è importante per garantire una crescita armoniosa. Suoni, carezze, profumi, colori, devono prima di tutto piacere alla mamma…solo così può trasferirli “psichicamente” al figlio.

Si possono invitare le madri in gravidanza a vestire e tappezzare le pareti di casa con colori chiari, vivi e luminosi perché questi colori hanno effetto benefico sulla crescita delle cellule e sugli organi del nascituro. I colori hanno infatti precisi significati: i loro effetti sulla persona sono stati studiati scientificamente dallo psicologo Max Luscher.

Rosso: rappresenta tutto ciò che concerne la vita e la sua affermazione attraverso l'azione, la lotta, ecc. È anche in relazione con l'autorità e la volontà. Inoltre rappresenta l'amore per gli esseri viventi. Interessa la muscolatura striata e volontaria e gli organi della riproduzione;
Arancione: colore dell'estroversione sentimentale, della nobiltà, della santità, della purezza e dell'unità della vita. Sviluppa il desiderio di perfezione, di benessere e di salute. È in relazione con il sistema circolatorio;
Giallo: colore del sole e dell'oro. Simboleggia la luce, la gioia, l'ottimismo, la chiarezza, il cambiamento e l'energia;
Verde: colore della crescita, dello sviluppo e dell'evoluzione. Il verde dona equilibrio e stabilità, però al tempo stesso è il colore della speranza e della ricchezza. Corrisponde all'apparato digerente e alla muscolatura liscia;
Blu: colore della verità, della fede e della religiosità. Dona armonia, pace e serenità. Lo potremmo definire il colore dell'affettività, della tenerezza e della musicalità. Il suo organo è la pelle e influenza il sistema respiratorio;
Indaco: colore della forza interiore, della dignità, della regalità e della giustizia. Porta verso il mondo delle astrazioni e delle cause: agisce sul sistema osseo;
Viola: è il colore mistico, della creatività, della fantasia e della sensibilità. Rappresenta il coraggio, il sacrificio e la spiritualità. Il viola è in relazione con il sistema endocrino;
Bianco: espressione del dissolversi, della fuga e della liberazione. Rappresenta la libertà assoluta, aperta a tutte le possibilità. È il riflesso dell'Assoluto. Manifesta anche la purezza e l'inizio di ogni cosa.

Gli studi scientifici citati sono ripresi dall'articolo "Suoni, colori, odori... l'universo del bimbo prenatale" http://www.gravidanzaonline.it/news/1144.html


La comunicazione con il neonato

I bambini sono in grado di percepire fin dai primi mesi di vita gli aspetti emotivi della comunicazione, essi interagiscono in diversi modi e secondo alcuni studi la prima forma di interazione dei neonati avviene attraverso lo sguardo. Gli occhi della madre sono lo specchio nel quale l’anima del bambino si riflette. Se gli occhi lo guardano con amore lui si sentirà amato, protetto, al sicuro. Lo sguardo è un contatto attraverso gli occhi, una carezza continua che si fa al neonato anche quando è distante. La dimensione della continuità del contatto è fondamentale, perché un’interruzione significa una interruzione della comunicazione e una interruzione della comunicazione significa una interruzione del senso di sé, dell’identità che si sta costruendo attraverso gli scambi sociali.

Gli studi hanno mostrato che i bambini reagiscono al volto inespressivo della madre con un aumento dell'emozionalità negativa e una riduzione del coinvolgimento sociale positivo.

Oltre allo sguardo vi è una poi una comunicazione mediata dagli odori molto profonda. I neonati sanno riconoscere etologicamente la loro mamma anche solo dall’odore.
Per questo è importante che la madre sappia farsi riconoscere dal proprio figlio: attenzione a non esagerare, quindi, con i profumi industriali o con l’eccessiva igiene…

La comunicazione tattile è anch’essa importante, anzi la più importante di tutti. Tenere il bambino in braccio è vitale per la sua crescita: le osservazioni di psicologia infantile hanno evidenziato che un bambino se viene tenuto in braccio soltanto raramente, nonostante lo si alimenti regolarmente può non crescere e ammalarsi. Il contatto fisico è il nutrimento principale. Carezze, massaggi, o il semplice tenerlo stretti facendolo sentire tutt’uno con il proprio abbraccio, sono l’alimento di gran lunga migliore per crescere bene.
A questo proposito è molto utile portare il bambino nella fascia, come le donne africane o sudamericane. La fascia permette di far sentire il neonato completamente a contatto con la mamma (o il papà…se si cimenta!). La fascia è meglio del marsupio perché permette un contatto maggiore, un sentirsi completamente contenuti…come in un grembo materno.

Tutti i momenti sono buoni per comunicare, basta essere predisposti. I momenti dell’allattamento possono essere molto intimi e ricchi di scambi di occhiate, sorrisi, vocalizzi, ecc..
L’allattamento è il proseguimento naturale di quello stato prenatale in cui il bambino veniva nutrito direttamente attraverso il cordone ombelicale. È un ritorno all’acqua, è bene rendersene conto perché sono da rispettare come momenti sacri.

Il sonno…durante il sonno il neonato cresce sicuro di sé. Il neonato ha bisogno di frequenti ritorni alla condizione uterina per affrontare piano piano le incombenze del mondo esterno. E cosa c’è di più uterino se non il sonno? Chiudere gli occhi, immergersi nei propri stati d’animo profondi, lasciarsi andare…sono sensazioni che ricordiamo, che viviamo anche noi adulti.

Per il neonato sono necessari, non sono un lusso. Dobbiamo allora aiutare il neonato più difficile a metterlo in una condizione di riposo che lo predisponga al sonno. Come? Con musiche e suoni particolari, con colori precisi, con stimolazioni olfattive rilassanti, con alcune tecniche di massaggio neonatale e soprattutto cercando di rilassarci noi genitori. Se non siamo rilassati noi, è difficile aiutare il bambino a rilassarsi! È fondamentale, se si può sintetizzare in pochissime parole un discorso lungo e complesso, creare attorno al neonato un ambiente ricco di stimoli che gli permetta di “alimentarsi” quando ne ha bisogno e di ritornare a chiudersi in sé quando è stanco dei troppi stimoli. In una parola: ritmo. Cercate di scoprire qual è il ritmo del vostro piccolo, ogni neonato ha il suo. Una volta scoperto il suo ritmo, sintonizzateci il ritmo del vostro sguardo, delle vostre carezze, delle vostre ninna nanne…

Sviluppo dei sistemi sensoriali


1) Il sistema  tattile inizia la sua formazione nella zona periboccale a partire dalla 7 settimana gestazionale cioè dall’avvio dello stadio embrionale. Nella 11 settimana è presente nell’epidermide del viso,  nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi .Nella 15 (Stadio fetale) si forma tutto il resto del corpo. Il feto è  in grado di discriminare stimoli tattili dolorosi .

2) Sistema gustativo. I recettori gustativi sono concentrati su tutta la lingua e in particolare nella parete anteriore. È  dimostrato che il nascituro è in grado di stimolare gusti diversi (questo risultato è stato ottenuto inserendo dei liquidi  dolci/salati nel liquido amniotico ;il feto a seconda del gusto , varia sia la sua frequenza cardiaca sia il numero e la qualità dei movimenti).

3) Sistema olfattivo. Già in periodo embrionale sono evidenziabili dei sistemi cellulari che costituiranno il sistema olfattivo principale, trigeminale, vomero, nasale.

4) Sistema uditivo. Il sentire fetale è un sentire di tipo tattile per vibrazione del liquido amniotico; il nascituro  risponde attivandosi di più se stimolato da una voce femminile ( in particolare quella della madre, internamente con i rumori viscerali,ed esternamente , per vibrazione del liquido amniotico) perché la voce femminile produce una vibrazione più veloce di quella maschile.
La vita embriofetale è gestita da ritmi .Le sonorità endouterine  hanno un’intensità variabile da 6.3 a 80.5 ; la voce materna arriva al feto con un’intensità maggiore rispetto all’esterno.

5) Sistema visivo: Alla 7 settimana di gestazione  si ha la formazione del nervo ottico e le cellule retiniche ;se si avvicina  una lampada all’addome della donna incinta e la si toglie dopo  2-3 secondi di stimolazione , il feto si muove e aumenta la sua frequenza cardiaca.
Immerso nel liquido amniotico, il nascituro è continuamente stimolato da suoni, rumori, luci, voci, odori, provenienti dalla cavità endouterina o , indirettamente ,dall’ambiente esterno.
Tutto l’ambiente endo-extra-uterino è un ambiente di stimolazioni che determinano la crescita neurofunzionale cerebrale e motoria del feto.


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La madre e il padre: rapporto di collaborazione o di conflitto?
Quali ruoli giocano il papà e la mamma nei confronti del  figlio? E nei confronti delle rispettive famiglie di origine? Come affrontare le crisi e farle diventare un’opportunità di crescita e di felicità.

Spunti di riflessione

Quando nasce un bambino, nasce anche una mamma. La donna è madre per natura, ma un figlio la fa essere madre in un modo concreto, spesso diverso da quello che ha sempre immaginato prima…
Il bambino ha uno sviluppo molto lento rispetto alle altre specie animali: impiega molto tempo per diventare autonomo. Gli studiosi sostengono che questo tempo sia necessario per costruire pienamente l’intelligenza e la sensibilità della persona umana. In questo periodo di tempo, all’incirca i primi tre anni di vita del bambino, è fondamentale il ruolo della madre. È importante non solo per la nutrizione e le cure igieniche, ma anche per lo sviluppo affettivo e intellettivo. Un bambino che non riceve affetto non può sopravvivere.

La madre istintivamente sa riconoscere le emozioni del proprio bambino: sa quando piange per dolore o per fame o per frustrazione; sa quando è contento, quando ha paura, quando è arrabbiato. Ma la madre oltre a saper riconoscere, deve saper “empatizzare” con queste emozioni, sapersi mettere nei panni del figlio. Può anche provare a spiegare al bambino, da subito, quello che sta provando (“oh, adesso stai piangendo perché hai tanta fame”, “sì, è divertente questo giocattolo, che risata che hai fatto!”, “mmm…anche a me dispiace lasciarti, so che ti senti triste, ma vedrai che domani stiamo insieme più tempo”).

Il padre, in questo periodo di vita, è ugualmente importante per due ragioni. La prima, molto pratica, è che un padre aiuta la madre quando lei non ce la fa più: le dà il cambio in certi momenti in cui non può essere presente o perché lavora o perché è stanca. La seconda ragione è che la funzione del padre dovrà essere quella di proteggere, in generale, il rapporto mamma-figlio. Proteggere questa relazione non significa solamente garantire una sicurezza economica di base, ma anche assicurare una buona relazione tra i due. Dovrà capire in anticipo i segnali di sconforto della madre, regolare la giusta distanza tra mamma e figlio (alcune mamme sono troppo distanti altre troppo sacrificate). Se la mamma è troppo distante potrà sopperire lui alle mancanze di affetto. È giusto che il papà ogni tanto sia intercambiabile, che faccia anche “il mammo”, come la mamma che lavora fa anche “la papà”. Nella coppia è importante darsi dei cambi per non stancarsi troppo.

Il papà dovrà comunicare alla mamma ciò che osserva della relazione madre figlio, senza giudizio e cercando di comprendere profondamente le motivazioni di difficoltà della mamma.
La madre da parte sua invece dovrà cercare di coinvolgere il papà nella sua relazione privilegiata con il bambino: farlo partecipe dei passi in avanti del bimbo, farlo partecipe dei suoi sorrisi, dei suoi modi di fare, delle sue caratteristiche, ecc. (“Senti come parlotta…è contento di vedere papà!”, “Guarda come tira su la schiena, prima non lo faceva”).

In casa il rapporto tra i due genitori è fondamentale. I litigi, le discussioni, se prima potevano essere fatte in qualsiasi momento, ora bisogna saper rispettare il bambino, bisogna saper rimandare spesso ad altri momenti o ancor di più a cercare di trovare subito delle soluzioni anche quando non è facile.
Quando nasce un bambino bisogna impegnarsi non soltanto a crescerlo ma anche a crescere come genitori. Si sbaglia tanto, è normale. Ma si può imparare dagli sbagli: più si sbaglia più si impara.
L’importante è costruire una buona relazione tra madre e padre, perché il figlio deve sentirsi amato da questa relazione prima ancora che dall’amore dei singoli genitori.

Una volta che si sarà costruita una solida relazione di coppia, sarà anche più facile essere autonomi dal giudizio delle famiglie di origine. Spesso infatti le suocere, i cognati, le persone vicino alla famiglia, entrano con le loro critiche e i loro giudizi. È importante non rifiutare a priori questi giudizi, alcuni possono essere molto utili, ma bisogna saper mantenere salda la propria identità di famiglia e far prevalere le proprie scelte condivise. Tutti tendono a dare consigli su come gestire il figlio: come pulirlo, come dargli da mangiare, quanto farlo riposare, ecc.. Ascoltiamo tutti, informiamoci con libri e riviste, facciamoci una nostra idea, ragioniamo tanto (non esiste solo l’istinto!) e decidiamo in famiglia, la famiglia che state costruendo con pazienza. Ogni giorno sarà una nuova scoperta: è difficile ma anche arricchente.


Marco Maio – Alessandra Penzo
(Psicologi psicoterapeuti)

Per contatti:
Dr. Maio, Via Bacigalupo, 4/7-11 Genova; tel. 010 8376230
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Da donna a madre: la gravidanza e il parto
Marco Maio – Alessandra Penzo∗


Il mistero della gravidanza

La gravidanza solleva entrambi i caratteri fondamentali del femminile: il “carattere femminile elementare” e il “carattere femminile trasformatore” .
Il carattere elementare è l’aspetto del femminile che contiene, che circonda, che offre protezione, nutre, riscalda. L’immagine chiave è quella del Vaso. Il vaso è uno degli utensili primari di lavoro della donna, che raccoglie l’acqua, coglie la frutta e prepara il cibo. Perciò il vaso è un simbolo della divinità femminile.
Il carattere elementare è anche l’aspetto oblativo del femminile, quello che dà verso l’esterno. Un suo corrispondente corporeo è il seno che nutre.
Il carattere trasformatore del femminile invece, è in un certo senso l’opposto del carattere elementare. Se infatti il carattere elementare è l’aspetto che contiene, che lascia riposare dentro di sé, il carattere trasformatore è l’aspetto che “agisce” una trasformazione sul contenuto. L’immagine chiave è il fuoco. Alla donna spetta la custodia e la conservazione del fuoco. Il settore del dominio femminile è simboleggiato nell’ambito della casa dal focolare che riscalda e dal fuoco che viene utilizzato per la preparazione dei cibi. Il fuoco trasforma i cibi, da crudi a cotti, liberandone i sapori, così come riscaldando un ambiente, la donna ne libera le emozioni. Il segreto del fuoco è in mano alla donna. Sul piano corporeo, invece, lo ritroviamo nel mistero delle mestruazioni, quale ciclo interno di trasformazione della donna.

Diventare madre

Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il posto.
La maternità sancisce la fine del ruolo esclusivo di figlia che diviene contemporaneamente genitore e figlia. Ciò può suscitare angosce di perdita, o sentimenti di colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre. Non dimentichiamo che l'attitudine materna, che è rappresentata dalla capacità di dare e di rendersi disponibile verso l'altro, dipende anche dal rapporto che si è avuto nell'infanzia con la propria madre e dalla sua disponibilità nei propri confronti, dalle competizioni, dalle rivalità, ecc..
Durante i mesi di gestazione, nonostante la donna continui ad assolvere i compiti abituali, manca in lei una partecipazione intima per ciò che fa. In un certo senso le energie psichiche vengono ritirate dal mondo esterno in favore della salvaguardia di ciò che avviene dentro di sé. Ciò che avviene dal punto di vista psicologico è l'identificazione con il feto. Per fare ciò è necessaria una regressione psicologica della madre, la quale può percepire più dolcezza e meno aggressività, scoprire che tutto sommato il lavoro che prima riteneva importante, ora di fatto è passato in secondo piano. La donna può arrivare a sentirsi “su un altro pianeta”: il mondo dell’embrione e poi del feto è, in effetti, quell’altro pianeta a cui la madre si sta rivolgendo per iniziare a predisporre quella comunicazione vitale per la crescita del futuro neonato…

Otre ad una regressione psicologica la gravidanza solleva nella donna anche l’esatto opposto: una progressione. Il passaggio a madre richiede un confronto profondo con tutta la dinastia della Madri che l’hanno preceduta nel rispondere alla domanda del fare un figlio.
Fino non molto tempo fa, si facevano i figli senza chiedersi se c’era il desiderio “personale” di un figlio: era normale avere dei figli, e non averne era anormale. Fare figli era qualcosa che avveniva automaticamente: così come arriva il mestruo nella pubertà, un fidanzato nella prima giovinezza, così arrivavano un marito e dei figli, subito dopo.
Automaticamente, cioè biologicamente, la donna diventava madre. Ma si è mai posta la domanda” Che madre sarò?”
La domanda “che madre sarò” porta con sé il confronto con le passate versioni di madre e l’espressione di una quota individuale, originale, libera.

Il parto

Con l'inizio dell'ultimo trimestre, e in particolare dell'ultimo mese di gravidanza la donna si trova di fronte a nuove modificazioni fisiologiche: il feto aumenta di peso e di volume, le contrazioni fisiologiche si possono accentuare, il corpo si trova a doversi adattare a nuovi cambiamenti. Gli interrogativi riguardano: "come sarà il parto", "come sarà il bambino, che peso avrà". Il timore per il dolore e la capacità o meno di sopportarlo e superarlo accompagnano quest'ultimo periodo. Nella realtà il timore del dolore fisico e della propria capacità di poterlo affrontare, porta in sé anche il dolore emotivo per la separazione e il concludersi della relazione privilegiata che madre e feto hanno vissuto durante tutti i mesi della gravidanza. L'interrogativo che spesso si sente pronunciare dalle donne è "sarò capace di partorire?" che nasconde in sé un'altra domanda: "sarò capace di separarmi da questo bambino?" .
Il parto solleva anche le aggressività profonde della donna. Per partorire occorre attingere alla forza del femminile, alla natura profonda, selvaggia, misteriosa dell’essere donna: questo può spaventare. Le spinte durante le contrazioni non debbono essere frenate, la respirazione deve essere sostenuta, profonda, tutto il corpo è in azione, la mente deve solamente accompagnare il ritmo della vita nascente. Il confronto con il parto è il confronto con le radici della vita, e richiede di mettere tra parentesi tutte le sovrastrutture psicologiche e culturali.
Il parto infine avvicina la donna alla maternità, al momento in cui incontrerà il figlio reale al di là di quello immaginato per nove mesi e anche di più. Se la gravidanza può essere vissuta narcisisticamente come il bisogno di sentirsi sana e funzionante, fertile, con la maternità prevale invece il bisogno di occuparsi di un’altra persona, il proprio figlio. Il parto è il passaggio dalla gravidanza alla maternità reale.

Il parto cesareo

Secondo una recente ricerca che ha indagato le modalità di parto correlate ai tipi di genitorialità, le donne che partoriscono con parto naturale hanno indici maggiori di depressione nel corso della gravidanza rispetto alle donne che partoriscono con parto cesareo programmato, ma dopo tre mesi le prime (parto spontaneo) riscontrano una netta diminuzione degli aspetti depressivi mentre le seconde (parto cesareo) hanno un aumento sensibile delle problematiche depressive.
Inoltre, le donne che partoriscono con il cesareo, rispetto alle donne con parto naturale, si rappresentano  il bambino come più intraprendente e vivace ma meno pulito e, dopo il parto vedono se stesse come più disordinate e il bimbo come più pasticcione. Il parto con il cesareo programmato, che sembra essere visto come più asettico e pulito, fa nascere un bambino e una madre più pasticciati!
Si può ipotizzare che il parto naturale permetta alla psiche della madre di esprimere maggiormente i propri stati d’animo depressivi ma anche di poterli successivamente elaborare più positivamente. Al contrario il parto cesareo sembra aiutare a non provocare ansie e depressioni nelle gestanti, ma impedisce quella gravidanza e quel parto “psichici” che garantiscono di elaborare le ansie e le paure fisiologiche della maternità.

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